Independent Design Secession

Progetto e curatela: Andrea Branzi e Michele De Lucchi
Allestimento: Mara Corradi, Maddalena Molteni, Daniele Macchi, Angela Rui
Anno: 2011
Sede: Triennale Bovisa
Foto: Tom Vack

La mostra “INDEPENDENT   SECESSION” raccoglie una nuova e particolare categoria della cultura del progetto; una categoria che non fa riferimento né a una committenza né a una specifica tecnologia. Essa risponde piuttosto all’ urgenza soggettiva di alcuni progettisti che operano (anche temporaneamente) al di fuori delle normali pratiche professionali, per dare forma a una propria autonoma riflessione radicale sui contenuti e le ragioni del proprio lavoro.
Questo atteggiamento è stato spesso presente nel design italiano, dove la ricerca e la sperimentazione indipendente hanno una antica e nobile tradizione; in questo caso però non si tratta né di ricerca né di sperimentazione (che in ogni caso rimandano a una utilità pratica), ma piuttosto di una affermazione tautologica del progetto che viene chiamato a confrontarsi con i temi della cultura umana e non con il mercato.
Il progetto quindi come riflessione, come evento che si confronta con i temi della storia, della morte, della vita, del sacro; temi che sono sempre rimasti estranei alla cultura dell’industrial design.
L’ ”INDEPENDENT SECESSION” ha origine infatti in un quadro storico nuovo e complesso. Un quadro storico costituito dall’ universo globalizzato e della mondializzazione del capitalismo post-fordista, che diffonde in ogni territorio la sua crisi come unica possibile condizione di crescita; un mondo (come dicono i filosofi) che “non ha più un esterno”, sia geografico che politico.
In questo sistema infinito ma non definitivo, illimitato ma con limiti di sviluppo, monologico ma non autosufficiente, il concetto di “sviluppo” trova grande difficoltà a individuare una direzione che non sia quella della semplice “espansione” e della pura “sopravvivenza”.
Il concetto di progresso (e quindi di progetto) ha perduto la sua stella polare, dentro una galassia cangiante e avvolgente di opzioni: le antiche categorie politiche non sono più utilizzabili, lo scontro sociale è sostituito dalle guerre di religione. Gli eventi non sono più ordinati da una lucida memoria ma dispersi da un’amnesia liberatoria che non distingue il passato dal presente, l’antico dal contemporaneo.
La rifondazione del progetto ha dunque inizio a livello individuale, privato, soggettivo; una rifondazione che non propone certezze ma nuovi problemi, e acquista una profondità drammaturgica che rispecchia il travaglio dei tempi che stiamo vivendo.

The exhibition entitled “INDEPENDENT” deals with a particular category of design culture, a category not relating to either clients or specific technologies. Rather, it meets the urgent subjective needs of a group of designers who operate (also temporarily) outside the normal professional practice to shape their own autonomous and radical reflection on the contents and reasons of their work.
This attitude has often emerged in Italian design, where research and independent experiments enjoy a long and noble tradition; however, in this case the issue is not research or experiments (which are always connected to practical repercussions): rather, it is a tautological statement of design, called upon to deal with the topics of human culture and not with the market. Consequently, design means reflection, an event dealing with topics such as history, death, life, sacredness, i.e. topics that have never belonged to the culture of industrial design.
“INDEPENDENT DESIGN SECESSION” emerged from a new and complex historical background, characterized by a globalized universe and the worldwide expansion of post-fordist capitalism, spreading its crisis everywhere as the only possible growth opportunity: it is a world that (as philosophers say) “has no outside” from both the geographical and political viewpoints. In this infinite but not definitive system, which is unlimited but characterised by limited development, monological but not self-sufficient, the concept of “development” experiences great difficulties in finding a direction other that simple “expansion” or mere “survival”.
The concept of progress (and consequently of projecst) has lost its north star, hidden in a changing and all-embracing galaxy of options: old political categories are useless, social clashes are replaced by religious wars. Events are no longer ordered by a rational memory but dispersed by a liberating amnesia failing to distiguish past and present, the ancient and the contemporary world.
Consequently a newly-funded projects starts at individual, private and subjective level; this new foundation does not propose certainties but new problems and acquires dramatic depth mirroring the troubles of the times we are currently going through.

Andrea Branzi 2011

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